Una nuova rivoluzione industriale? Uno tsunami che cambierà le sorti del mondo del lavoro (e non solo nei mestieri del settore digital)? Le premesse ci sono tutte, ma solo il tempo ci saprà dare tutte le risposte che cerchiamo. Di sicuro, per chi si occupa di web marketing, sarebbe un grave sbaglio sottovalutare l’impatto che l’IA avrà su tutti noi. Vogliamo qui concentrarci, per un’analisi accurata, sulla correlazione che già è presente, da anni, fra SEO e intelligenza artificiale.

Sì, perché Google, che non è di certo uno sprovveduto, ha continuato a perfezionare i suoi algoritmi, basandosi su avanzati sistemi in grado di apprendere e perfezionare le loro risposte così da perseguire il fine ultimo del motore di ricerca: offrire agli utenti che effettuano ricerche la migliore esperienza possibile, che si traduce in risposte altamente pertinenti, precise, personalizzate e facili da consultare.

Noi non abbiamo potenti algoritmi al nostro servizio, ma abbiamo l’esperienza, la costanza e, soprattutto, la passione di indagare quali sono gli intenti di ricerca del nostro target di pubblico. Wolf Agency è il branco che ti aiuterà ad aggredire il futuro grazie ad una strategia di caccia marketing strutturata e vincente.

Partiamo dal… futuro

Per capire quali sono le correlazioni fra SEO e intelligenza artificiale, e come noi possiamo trarne vantaggio per accrescere la visibilità dei nostri siti web, iniziamo con una riflessione su quel poco che sappiamo riguardo al futuro.

Dopo l’uscita dell’ormai famosissimo ChatGPT, i riflettori si sono puntati tutti sull’intelligenza artificiale. Inutile girarci intorno, tutto quello che avevamo visto negli anni passati non si avvicinava nemmeno lontanamente alle potenzialità di questo tool. Lo sa bene Microsoft, che ha investito ingenti somme per permetterne lo sviluppo, renderlo disponibile per i clienti Azure e integrarlo nel sistema di ricerca di Bing oltre che, probabilmente, nelle app del pacchetto Office.

Google, in tutto questo, è rimasto a guardare, o almeno così sembrava. Non sappiamo se lo sguardo con cui osservava i competitor fosse di malcelato allarme o se, piuttosto, si stesse godendo lo spettacolo dall’alto, con aria sorniona e divertita (questo ce lo dirà il tempo). Fatto sta che anche da parte del colosso californiano è arrivato l’annuncio del prossimo lancio di una sua intelligenza artificiale, denominata Sparrow. Un annuncio che incuriosisce tutti i professionisti, e non solo, riguardo alle caratteristiche che la contraddistingueranno.

Comunque andrà, il messaggio è chiaro. La bomba ormai è lanciata, indietro non si torna. E, piuttosto che preoccuparci, è senza dubbio meglio saper accogliere i cambiamenti, e saperne cogliere le potenzialità e le opportunità che ci permetteranno di trarne beneficio.

Gli albori e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale per la SEO

Ma come siamo arrivati a questo punto?  Ripercorriamo qualche tappa fondamentale. Google è stato fondato nel 1998 da Larry Page e Sergey Brin, e all’inizio, ovviamente, l’algoritmo che scansionava la rete per indicizzare i risultati e mostrarli nelle SERP era abbastanza semplice. Si basava principalmente sull’analisi del proprio database per cercare i siti che contenessero la parola chiave inserita dall’utente nel campo di ricerca. Non teneva conto dell’intento di ricerca, né era in grado di riconoscere errori ortografici o sinonimi.

Nel giro di poco la situazione andò evolvendosi, man mano che venivano lanciati nuovi aggiornamenti dell’algoritmo. Tra i principali ricordiamo:

  • Florida (2003): proprio poco prima delle vacanze natalizie, e quindi del periodo più intenso per lo shopping, Google rilasciò Florida, considerato come uno degli aggiornamenti che più abbia mai scosso le SERP. A parte il panico degli addetti ai lavori, questo aggiornamento introdusse la penalizzazione per pratiche SEO scorrette, come il keyword stuffing.
  • Panda (2011): questo aggiornamento mirava a penalizzare i siti con contenuti di bassa qualità e a premiare quelli con contenuti unici e di alta qualità.
  • Penguin (2012): Google diede un’ulteriore stretta contro le pratiche SEO scorrette, come l’acquisto di link di scarsa qualità.
  • Hummingbird (2013): senza ombra di dubbio uno dei più significativi cambiamenti nell’algoritmo di Google, che introdusse la capacità di comprendere il significato delle query di ricerca e di fornire risultati più pertinenti.
  • RankBrain (2015): si inizia a parlare seriamente di intelligenza artificiale e SEO. RankBrain comprendeva un sistema di apprendimento automatico (machine learning) che aiutava Google a interpretare meglio i termini di ricerca degli utenti e a fornire risultati più pertinenti e rilevanti.
  • Bert (2019): un nuovo algoritmo basato su reti neurali, che sfruttava la potenza dell’IA per comprendere meglio il contesto delle query degli utenti, con particolare attenzione al search intent delle keyword.

Questa breve e parziale storia dei Google updates racconta come l’IA stia giocando un ruolo sempre più importante nella SEO e come Google la stia utilizzando per migliorare l’esperienza dell’utente e fornire risultati di ricerca sempre più rilevanti. Inutile ripeterlo, noi esperti SEO dobbiamo per forza tenerne conto nelle nostre strategie di ottimizzazione dei motori di ricerca se non vogliamo rischiare di perdere i posizionamenti ottenuti (o di non ottenerne per niente).

Google Mum e i nuovi Helpful Content Update

Aspetta, aspetta, che il bello deve ancora venire. Nel 2021 abbiamo assistito al lancio del nuovo aggiornamento di Google, MUM (Multitask Unified Model). Esso rappresenta un ulteriore passo in avanti nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per ottimizzare i risultati dei motori di ricerca. Questo sviluppo mira a fornire risultati ancora più precisi e personalizzati per gli utenti, migliorando l’esperienza di ricerca e aumentando la visibilità dei siti web che soddisfano i loro bisogni.

Google MUM è basato su un algoritmo di intelligenza artificiale che analizza il contenuto dei siti web e le interazioni degli utenti con essi per comprenderne il significato e la rilevanza. Questo rende possibile una classificazione più precisa dei risultati, con un approccio multimodale che riesce a estrapolare informazioni da più fonti oltre ai testi, come dalle immagini ad esempio.

Da agosto dello scorso anno, infine, è in uso il nuovo aggiornamento dell’algoritmo di Google, denominato Helpful Content Update. L’intento del colosso californiano è quello di mostrare in SERP solo risultati utili, declassando quei siti che non rispondono appieno alle domande delle persone. Il trend continua, e la relazione fra IA e SEO è sempre più stretto. Questo non deve destare preoccupazione, ma deve essere uno sprone a guardare alle nuove opportunità che il futuro saprà metterci davanti.